mercoledì 30 dicembre 2015

Oltre

"Perché il mondo non è così tanto misero da indurci a cercarne ancora uno al di fuori di lui?"

Questa frase è tratta da "Iperione" di Friedrich Hölderlin, uno dei maggiori poeti tedeschi. Questo passo mi ha letteralmente aperto la mente, mi ha fatto pensare - non ci avevo mai pensato.
Non sono un tipo religioso, quindi non credo nell'Aldilà o a qualche vita Oltre. Tuttavia, essendo un essere curioso, mi sono spesso domandato perché le persone credessero in una vita dopo la morte. 
E così, inaspettatamente, mi giunge la risposta. Il mondo in cui viviamo è talmente orribile e misero da costringerci a credere che dopo la morte ce ne sia uno migliore.
L'autore continua facendo un analisi tanto breve quanto incisiva, sul rapporto tra Dio e il creato. Scrive:
"Se la splendida natura è figlia di un padre, non è il cuore della figlia anche il cuore di lui? Quanto è in lei di più intimo non è lui stesso? - ora invece si riferisce all'uomo - Ma posseggo io ciò? Lo conosco? Mi pare di vederlo, ma poi mi spavento come se fosse la mia stessa figura quello che ho veduto."
Iperione cerca il Dio creatore di tutto, e gli sembra di scorgerlo; ma realizza che quello che vede non è altro che una proiezione di se stesso. Non c'è nulla Oltre. 

Voglio precisare che questa è una mia opinione. Ho appena iniziato la lettura dell'Iperione. Le citazioni fatte sono state liberamente interpretate da
Frank il Rosso. 

domenica 27 dicembre 2015

Alexandre Marius Jacob, il vero Lupin

In realtà sono solo delle ipotesi che collegano Alexander Marius Jacob alla figura letteraria di Maurice Leblanc. Tuttavia quest'uomo non è meno interessante e degno di nota.
Nasce in Francia il 29 settembre 1879. A sedici anni ritorna in Francia dopo cinque anni passati in mare a bordo di una baleniera. Durante il viaggio incontra un anarchico: questo sarà l'inizio di una nuova vita per Jacob.
Inizia a rubare con la sua banda, soprannominata dai giornali I lavoratori della notte. Gli obiettivi dei loro furti erano ricche persone e borghesi: un vero attacco al potere. I frutti del loro lavoro venivano reindirizzati per finanziare opere libertarie e associazioni anarchiche.  Nessuna cassaforte poteva resistergli ed erano imbattibili nei travestimenti.
Il 21 aprile 1903 Alexandre fu arrestato in seguito a una rapina andata male. Ricevette la grazia nel 1928 e si rifece una vita.
Si suicidò con un'iniezione di morfina il 28 agosto 1954 durante una festa in casa sua. Nella lettera d'addio, scrive: "... Ho vissuto un'esperienza piena di avventure e sventure, mi considero soddisfatto del mio destino. Dunque, voglio andarmene senza disperazione con il sorriso sulle labbra e la pace nel cuore. Ho vissuto. Adesso posso morire. P.S. Vi lascio qui due litri di vino rosato. Brindate alla vostra salute. "

Questa è la dichiarazione di Alexandre Marius Jacob pronunciata l'8 marzo 1905 durante il processo alla banda nel tribunale di Amien.



"Signori,
Adesso sapete chi sono: un ribelle che vive del ricavato dei suoi furti. Di più. Ho incendiato diversi alberghi e difeso la mia libertà contro l’aggressione degli agenti del potere. Ho messo a nudo tutta la mia esistenza di lotta e la sottometto come un problema alle vostre intelligenze. Non riconoscendo a nessuno il diritto di giudicarmi, non imploro né perdono né indulgenza. Non sollecito ciò che odio e che disprezzo. Siete i più forti, disponete di me come meglio credete. Inviatemi al penitenziario o al patibolo, poco m’importa. Ma prima di separarci, lasciatemi dire un’ultima parola…
Avete chiamato un uomo ladro e bandito. Applicate contro di lui i rigori della legge e vi domandate se poteva essere differentemente. Avete mai visto un ricco farsi rapinatore? Non ne ho mai conosciuti. Io, che non sono né ricco né proprietario, non avevo che queste braccia e un cervello per assicurare la mia conservazione, per cui ho dovuto comportarmi diversamente. La società non mi accordava che tre mezzi di esistenza: il lavoro, la mendicità e il furto.
Il lavoro, al contrario di ripugnarmi, mi piace. L’uomo non può fare a meno di lavorare: i suoi muscoli, il suo cervello, possiedono un insieme di energie che deve smaltire. Ciò che mi ripugnava era di sudare sangue e acqua per un salario, cioè di creare ricchezze dalle quali sarei stato sfruttato. In una parola, mi ripugnava di consegnarmi alla prostituzione del lavoro. La mendicità è l’avvilimento, la negazione di ogni dignità. Ogni uomo ha il diritto di godere della vita. Il diritto di vivere non si mendica, si prende.
Il furto è la restituzione, la ripresa di possesso. Piuttosto di essere chiuso in un’officina come in una prigione, piuttosto di mendicare ciò a cui avevo diritto, ho preferito insorgere e combattere faccia a faccia i miei nemici, facendo la guerra ai ricchi e attaccando i loro beni. Comprendo che avreste preferito che mi fossi sottomesso alle vostre leggi, che operaio docile avessi creato ricchezze in cambio di un salario miserabile, e che, il corpo sfruttato e il cervello abbrutito, mi fossi lasciato crepare all’angolo di una strada. In quel caso non mi avreste chiamato “bandito cinico”, ma “onesto operaio”. Adulandomi mi avreste dato la medaglia al lavoro. I preti promettono un paradiso ai loro fedeli, voi siete meno astratti, promettete loro un pezzo di carta.
Vi ringrazio molto di tanta bontà, di tanta gratitudine. Signori! Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti che un automa, una cariatide.
Dal momento in cui ebbi possesso della mia coscienza, mi sono dato al furto senza alcuno scrupolo. Non accetto la vostra pretesa morale che impone il rispetto della proprietà come una virtù, quando i peggiori ladri sono i proprietari stessi.
Ritenetevi fortunati che questo pregiudizio ha preso forza nel popolo, in quanto è proprio esso il vostro migliore gendarme. Conoscendo l’impotenza della legge, o per meglio dire, della forza, ne avete fatto il più solido dei vostri protettori. Ma, state accorti, ogni cosa finisce. Tutto ciò che è costruito dalla forza e dall’astuzia, l’astuzia e la forza possono demolirlo.
Il popolo si evolve continuamente. Istruiti in queste verità, coscienti dei loro diritti, tutti i morti di fame, tutti gli sfruttati, in una parola tutte le vostre vittime, si armeranno di un “piede di porco” assalendo le vostre case per riprendere le ricchezze che essi hanno creato e che voi avete rubato. Riflettendo bene, preferiranno correre ogni rischio invece d’ingrassarvi gemendo nella miseria. La prigione… i lavori forzati, il patibolo… non sono prospettive troppo paurose di fronte ad una intera vita di abbrutimento, piena di ogni tipo di sofferenze. Il ragazzo che lotta per un pezzo di pane nelle viscere della terra senza mai vedere brillare il sole, può morire da un momento all’altro, vittima di una esplosione di grisou. Il muratore che lavora sui tetti, può cadere e ridursi in briciole. Il marinaio conosce il giorno della sua partenza ma ignora quando farà ritorno. Numerosi altri operai contraggono malattie fatali nell'esercizio del loro mestiere, si sfibrano, s’avvelenano, si uccidono nel creare tutto per voi. Fino ai gendarmi, ai poliziotti, alle guardie del corpo che, per un osso che gettate loro, trovano spesso la morte nella lotta contro i vostri nemici.
Chiusi nel vostro egoismo, restate scettici davanti a questa visione, non è vero? Il popolo ha paura, voi dite. Noi lo governiamo con il terrore della repressione; se grida, lo gettiamo in prigione; se brontola, lo deportiamo, se si agita lo ghigliottiniamo. Cattivo calcolo, signori, credetemi. Le pene che infliggete non sono un rimedio contro gli atti della rivolta. La repressione, invece di essere un rimedio, un palliativo, non fa altro che aggravare il male.
Le misure coercitive non possono che seminare l’odio e la vendetta. È un ciclo fatale. Del resto, fin da quando avete cominciato a tagliare teste, a popolare le prigioni e i penitenziari, avete forse impedito all’odio di manifestarsi? Rispondete! I fatti dimostrano la vostra impotenza. Per quanto mi riguarda sapevo esattamente che la mia condotta non poteva avere altra conclusione che il penitenziario o la ghigliottina, eppure, come vedete, non è questo che mi ha impedito di agire. Se mi sono dato al furto non è per guadagno o per amore del denaro, ma per una questione di principio, di diritto. Preferisco conservare la mia libertà, la mia indipendenza, la mia dignità di uomo, invece di farmi l’artefice della fortuna del mio padrone. In termini più crudi, senza eufemismi, preferisco essere ladro che essere derubato.
Certo anch’io condanno il fatto che un uomo s’impadronisca violentemente e con l’astuzia del furto dell’altrui lavoro. Ma è proprio per questo che ho fatto guerra ai ricchi, ladri dei beni dei poveri. Anch’io sarei felice di vivere in una società dove ogni furto fosse impossibile. Non approvo il furto, e l’ho impiegato soltanto come mezzo di rivolta per combattere il più iniquo di tutti i furti: la proprietà individuale.
Per eliminare un effetto bisogna, preventivamente, distruggere la causa. Se esiste il furto è perché “tutto” appartiene solamente a “qualcuno”. La lotta scomparirà solo quando gli uomini metteranno in comune gioie e pene, lavori e ricchezze, quando tutto apparterrà a tutti.
Anarchico rivoluzionario, ho fatto la mia rivoluzione, l’anarchia verrà!"



Ho evidenziato alcuni punti perché ritengo siano un ottimo spunto di riflessione. Riflettiamo!

Frank il Rosso.


sabato 26 dicembre 2015

Non lamentarti, agisci!

A tutti piace lamentarsi delle proprie sfortune e disgrazie per cercare aiuto e conforto. Alcuni lo fanno per essere rincuorati, altri per avere dei suggerimenti sul da farsi. Altri ancora cercano solo un  motivatore, qualcuno che gli dia una strigliata o una lavata di capo e li rimetta in carreggiata. Questo tipo di consulenze sono difficili da trovare perché predomina l'idea del "volemose bene", tutti pronti a mentirti e a illuderti piuttosto che sbatterti la verità in faccia.
Data la scarsità di questi motivatori, molti sono costretti a esserlo per proprio conto, e si sà che non c'è giudice più severo di se stessi.

Per come la vedo io, non bisogna lamentarsi senza il chiaro intento di migliorare la situazione. Odio quelle persone che si lamentano solo per il gusto di farlo, che non hanno nessuna volontà di cambiamento.

Il cambiamento è sofferenza e porta all'ignoto. Molti preferiscono la merda che conoscono piuttosto che rischiare di pestarne una peggiore. Ma se non si vuole correre questo rischio la merda non migliorerà da sola.

In termini narrativi, molti di noi hanno bisogno del Maestro che, a volte, ci sprona all'azione, ci costringe al cambiamento. Basti pensare a quello che Gandalf ha fatto a Bilbo. Se non lo avesse marchiato la sua porta, i nani non si sarebbero mai presentati e l'avventura non avrebbe mai preso inizio.

Ma un Maestro da solo non basta. Per quanto possa essere importante e significativo il suo ruolo, l'eroe ha sempre posto difronte alla scelta di andare o restare, fare o non fare, combattere o fuggire, resistere o mollare. Alla fine è Bilbo che decide di andare e intraprendere quell'avventura che cambiò così radicalmente la storia della Terra di Mezzo.

Ho voluto fare questo esempio perché mi sembrava di facile comprensione, anche se di esempi simili se ne hanno in abbondanza in letteratura.
Perciò, siate il Maestro per colui che vi chiede consiglio, ma, soprattutto, non negatevi la fantastica avventura che è la vita!

Frank il Rosso

giovedì 24 dicembre 2015

A Natale puoi...

fare quello che dovresti fare sempre. Non perché è Natale dovresti essere più buono, autorizzandoti così a essere una carogna per il resto dell'anno. 
Bisogna sempre essere buoni, e non solo a Natale. Bisognerebbe fare dei regali perché si vuole e non perché si deve. 
La famiglia poi è eccezionale. Parenti dimenticati che ti chiamano puntualmente a Natale o che ti fanno la "visita panettone" per sentirsi apposto con la coscienza. Cazzate!
Voglio stare con chi amo davvero. Perché poi questi pranzi si trasformano sempre in occasioni imbarazzanti dove nessuno dei conviviali si conosce veramente o se ne frega della vita che conduci. 
I migliori natali sono quelli con cui ami ridere e scherzare, con chi puoi confidarti e parlare senza fare attenzione a quello che dici per paura di coltelli volanti e brutti musi. 
Non serve un giorno per far capire alle persone che hai attorno se sono importati per te. Se lo sono davvero, lo sapranno, senza cene o falsi regali. 

Natale è quando ami chi ti è attorno perché ti accetta per quello che sei. E tu sei felice di sapere che conti per qualcuno. 
Beati coloro che sanno quello che dico. 
Frank


mercoledì 23 dicembre 2015

Non temere il mietitore

I miei giorni sono finiti
quelli che avevo, sono andati
le stagioni non temono il Mietitore
non il vento, il sole o la pioggia
allora forza, non avere paura
prendi la Sua mano
sarai in grado di volare
non temere il Mietitore

Un anno è passato
come lo scorso, se n'è andato
quarantamila persone si sono trovate
quarantamila persone si sono amate
ma non io, non sono come loro
allora forza, non avere dubbi
prendi la Sua mano
sarai in grado di essere amato
non temere il Mietitore

Ciò che sono mi rende unico
non avevano parlato di solitudine
le strade sono chiuse
l'oscurità acceca la vista
dai non temerLo
forza, prendi la Sua mano
è il momento di andare
ora voliamo insieme
non ho temuto il Mietitore

Rivisitazione personale de "Don't fear the reaper" dei Blue Oyster Cult
Frank

martedì 22 dicembre 2015

Rinascita

Il sole è morto. Il sole è rinato. Tutto è accaduto questa notte, la più lunga dell'anno, quando, dopo mesi di declino, il sole è stato raggiunto e sconfitto dall'oscurità. Ma nulla è perduto. Da questa apparente resa, il sole rinasce più forte e con lo spirito di rivalsa che lo porterà a riconquistarsi il suo trono.



Mentre l'anno volge al termine, i giorni si fanno sempre più corti fino a giungere alla notte più lunga dell'anno: il solstizio d'inverno. Da oggi le giornate ricominceranno ad allungarsi gradualmente.
Questo fenomeno astronomico è da sempre stato visto come una rinascita del sole. I popoli pagani del nord avevano Yule, mentre i romani avevano il Sol Invictus.
Con la crescita e la diffusione sempre più estesa del cristianesimo, queste festività sono state assorbite nel nuovo culto, mantenendo, tuttavia, alcune caratteristiche che sono sopravvissute fino ad oggi.


Fu il papa Giulio I  (337-352) che fissò la data del Natale al 25 dicembre per creare una celebrazione alternativa a quella pagana della rinascita del sole. Quando i missionari cominciarono la conversione dei popoli germanici, finirono per acquisire alcuni aspetti tradizionali delle loro feste, come ad esempio l'utilizzo decorativo del vischio, dell'agrifoglio e dell'albero di natale. L'albero sempreverde è un chiaro simbolo della persistenza della vita anche nell'oscurità e il freddo invernale. Era inoltre un simbolo fallico, di fertilità e abbondanza. Addobbarlo, quindi, prendeva i connotati di un rito casalingo che portava fortuna e abbondanza alla famiglia.
In Italia, tale tradizione, arriva nel 1800 quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno in un salone del Quirinale. L'idea piacque, così l'usanza si diffuse veloce in tutto il territorio.

Possa il nuovo sole portarvi fortuna e prosperità.
Frank

lunedì 21 dicembre 2015

Seguire una pecora ti porterà al macello

Siamo abituati a esprimere giudizi dall'alto del nostro tribunale personale, senza diritto di appello. Che sia in ambito politico, economico, sportivo, familiare, interpersonale, lavorativo, affettivo o religioso esprimiamo sempre dei giudizi sugli altri. Ma quanti di questi giudizi sono veramente imparziali e giusti. Spesso condizionano le nostre scelte e il modo in cui ci rapportiamo agli altri. Così scegliamo chi sono gli amici e chi i nemici.

Ma cosa c'è alla base delle scelte che facciamo ogni giorno? Altri giudizi. Magari espressi sotto forma di opinione, o forse come una vera e propria condanna. In ogni momenti siamo bombardati dai giudizi altrui, dalle loro emozioni, dai loro sentimenti. Non c'è modo di sfuggire a questo attacco totale; possiamo solo imparare a difenderci. In che modo? Con tre semplici ingredienti: informazione, logica e autocoscienza.

INFORMAZIONE - ogni cosa che leggiamo, ascoltiamo e vediamo è un opinione di chi, rispettivamente, la scrive, ne parla o ce la mostra.  Ma questa opinione è personale, è maturata e si è sviluppata in base ai desideri e alle esperienze di quell'individuo. E dato che noi non siamo quella persona, non possiamo credergli ciecamente come esseri irrazionali. Ed è qui che scatta l'informazione. Consiste nel mettere in discussione le opinioni altrui e di ricercare delle notizie che ne smentiscano o ne confermino la veridicità.

LOGICA - è proprio a questo che serve. Capire ciò che si legge e di dedurne informazioni che caratterizzeranno il vostro pensiero. Ciò vi permetterà di avere una visione più critica della realtà, e sarete anche meno influenzabili dai venditori di fumo. Ma ancora non basta.

AUTOCOSCIENZA -  Abbiamo sentito una notizia al telegiornale; siamo andati alla ricerca di altre informazioni per avere un quadro più ampio; di queste, abbiamo selezionato quelle razionali.
Siamo pronti per farci una nostra opinione. Così concludiamo questo ciclo che ci lascia maggiormente arricchiti e con un'idea forte e ben ponderata.

Ora sta a voi farvi una vostra e personalissima opinione del mondo.

venerdì 18 dicembre 2015

Cosa sei disposto a fare?

" Cap... non è abbastanza essere contro qualcosa. Bisogna essere per qualcosa di meglio."

Ne "What if... Civil War", Tony Stark apostrofa così un dubbioso Capitan America, che non riesce ad accettare il nuovo provvedimento governativo riguardo all'Atto di Registrazione dei Superumani. Questo atto prevede che ogni persona dotata di particolari abilità, o poteri, debba registrarsi al governo e svelare così la sua identità segreta. Inoltre, da quel momento in poi, gli eroi saranno ufficialmente sul libro paga delle autorità e non potranno combattere quelle battaglie "politicamente scorrette", come ad esempio attacchi di supercriminali a paesi stranieri.


Possiamo ben capire l'opinione di Cap. La registrazione metterebbe in pericolo i familiari e i cari degli eroi con identità segrete, e porrebbe nelle mani di un solo governo un potere incredibile.
Gli Avenger, con Steve Rogers in testa, si prefiggono l'obiettivo di difendere la Terra dalle minacce esterne o interne. Per questo Cap e altri eroi si danno alla clandestinità e rifiutano di registrarsi.


Ma anche Tony ha i suoi motivi. Infatti nel tempo, seguendo l'esempio degli Avenger, nuovi giovani e inesperti superumani hanno iniziato a combattere il crimine tentando di poter, un giorno, giocare in serie A insieme ai loro beniamini. Così fanno i New Warriors che girano un reality show sul loro operato da vigilantes. Un giorno si imbattono in supercriminali di alto livello e decidono di battersi. I giovani sembrano prevalere, ma Nitro genera un'esplosione gigantesca che uccide i New Warriors insieme a ottocento civili.
L'atto di registrazione garantirebbe una selezione di questi superumani e un loro addestramento con i professionisti. In seguito verrebbero ridistribuiti per tutto il territorio americano a formare una squadra d'azione per ogni stato degli U.S.


Con chi schierarsi? Con nessuno dei due. Con entrambi. La guerra non è mai una soluzione, ma la madre di altri problemi. Ne "What if... Civil War" Tony e Cap capiscono questa realtà e decidono di discutere sulla questione. Infine riescono a raggiungere un accordo soddisfacente per entrambi, evitando il conflitto fratricida che sembrava destinato a scoppiare tra i supereroi.


Dunque non basta lamentarsi ed essere contro qualcosa senza però fare nulla. Bisogna essere e agire per qualcosa di meglio!



Frank

giovedì 17 dicembre 2015

Ho visto l'Inferno, lo rappresento per non impazzire

Zdzisław Beksiński nasce nel 1929 a Sanok, piccolo centro nel sud-est della Polonia. Studiò economia e riuscì a diplomarsi in un liceo clandestino durante l'occupazione nazista. Seguendo i voleri del padre, nel 1947 si iscrive alla facoltà di architettura di Cracovia dove si laurea nel 1951. Nello stesso anno sposa Zofia Stankiewicz e insieme avranno il loro unico figlio Tomasz. 
Nel 1998 muore sua moglie e un anno dopo, il giorno della vigilia di Natale, il figlio si suicida. 
Beksiński viene assassinato il 22 febbraio del 2005 dal figlio del suo maggiordomo che gli infligge diciannove coltellate.


Beksiński si dedica inizialmente alla fotografia, i cui soggetti riprenderà per le sue tele, e la scultura. Nel corso degli anni sessanta abbandona entrambe le arti per dedicarsi completamente alla pittura a olio su masonite, un tipo di tavola fatta con fibre di legno cotte a vapore e pressate.


Secondo la leggenda, Beksiński trae ispirazione per i suoi quadri dalla visione dell'Inferno che ha avuto dopo un terribile incidente nel 1970. L'artista stava attraversando con la sua auto un passaggio a livello non custodito nel cuore della campagna polacca, quando un treno lo ha investito. Rimase per tre settimane in coma e riuscì a ristabilirsi dopo mesi di convalescenza, aiutato e sostenuto dall'affetto della famiglia. Ma Beksiński, nonostante fosse tornato la persona affabile di sempre, cambiò profondamente. Egli afferma di aver visto l'Inferno e che ora deve rappresentarlo per non impazzire. 


Le opere di Beksiński hanno un enorme successo soprattutto negli Stati Uniti e nel Giappone, dove acquista il primato di unico artista polacco contemporaneo inserito nelle collezioni dell'Osaka Art Museum, oltre che in quelle polacche e svedesi.







martedì 15 dicembre 2015

Perché

Se vi identificate nell'abatros, che vola maestoso sui mari ma è goffo e sbeffeggiato dai marinai a terra, vi invito a seguire la mia nave con curiosità e partecipazione. 
La curiosità è alla base della conoscenza, che ci permette di elevarci a nuove e profonde comprensioni. Tuttavia non bisogna volare troppo in alto come Icaro, altrimenti si precipita inesorabilmente nell'abisso. In aiuto accorre la partecipazione, la possibilità di esprimere opinioni e idee che mettano in discussione gli argomenti trattati. 
Questo è l'obiettivo de "il volo dell'albatros". Siate curiosi e partecipanti, dunque, il viaggio ha inizio.

Frank_il_Rosso   

lunedì 14 dicembre 2015

L'albatro

Spesso, per divertirsi, le ciurme 
Catturano degli albatri, grandi uccelli marini, 
che seguono, compagni di viaggio pigri, 
il veliero che scivola sugli amari abissi. 
E li hanno appena deposti sul ponte, 
che questi re dell’azzurro, impotenti e vergognosi, 
abbandonano malinconicamente le grandi ali candide 
come remi ai loro fianchi. 
Questo alato viaggiatore, com’è goffo e leggero! 
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto! 
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa, 
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava! 
Il poeta è come il principe delle nuvole 
Che abituato alla tempesta ride dell’arciere; 
esiliato sulla terra fra gli scherni, 
non riesce a camminare per le sue ali di gigante.




Charles Baudelaire 
(1821-1867)